L’assegnazione della casa familiare è un istituto posto a tutela dell’esigenza della prole, minore e maggiorenne non autosufficiente, di conservare il luogo delle proprie consuetudini di vita quotidiana e familiare nonostante la crisi coniugale, anche nelle ipotesi in cui l’habitat domestico sia costituito da un immobile messo a disposizione da un terzo, in genere un familiare di uno dei coniugi; in applicazione di tale ratio la giurisprudenza ha stabilito che, laddove il proprietario-comodante abbia venduto a un terzo l’immobile oggetto di assegnazione, il provvedimento di assegnazione prevale sulla vendita ed è quindi opponibile al terzo acquirente a prescindere dalla priorità nella trascrizione (C. 7007/17). Lparticolare funzione attribuita alla casa familiare fa sì che con il provvedimento di assegnazione si determini una deroga alla disciplina del “comune” comodato e in particolare alla regola generale della inopponibilità ai terzi, con la conseguenza che il terzo acquirente dell’immobile succede al precedente proprietario nella posizione di comodante: egli sarà quindi tenuto, negli stessi limiti di durata in cui gli è opponibile il provvedimento di assegnazione a rispettare il godimento del coniuge assegnatario, nello stesso contenuto e nello stesso regime giuridico propri dell’assegnazione, quale vincolo di destinazione collegato all’interesse dei figli (minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti senza colpa). Il provvedimento di assegnazione possa essere trascritto anche laddove l’immobile appartenga a un terzo, e se non è stato trascritto è opponibile a quest’ultimo solo entro certi limiti temporali (9 anni), coerentemente con quanto previsto dall’art. 6 L. 898/70, che sul punto richiama l’art. 1599 c.c.
Trib. Reggio Emilia decreto 20.12.2018