Perché sussista il reato di maltrattamenti in famiglia, occorre accertare la “convivenza” cioè l’esistenza di una relazione affettiva, qualificata dalla continuità e connotata da elementi oggettivi di stabilità, da una coabitazione caratterizzata da una duratura consuetudine di vita comune nello stesso luogo e che sia espressione di una relazione personale caratterizzata da una reale condivisione e comunanza materiale e spirituale di vita.
il legislatore, con la formula “maltratta una persona della famiglia, o comunque convivente”, ha inteso far riferimento a condotte che vedono come persona offesa il componente di una famiglia, intesa come comunità qualificata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale, ovvero il soggetto che ad esso componente sia parificabile in ragione di una accertata relazione di “convivenza”, che, lungi dall’essere riconoscibile nella presenza non continuativa di una persona nell’abitazione di un’altra, è solo quella che si crea quando la coabitazione della coppia sia caratterizzata da una duratura consuetudine di vita comune nello stesso luogo.
Se due persone non convivono manca il presupposto per il reato, sebbene abbiano un figlio comune
Cass. penale 7 novembre 2024 n. 40887
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