Per ottenere la separazione basta che si siano verificati fatti tali da rendere la prosecuzione della convivenza intollerabile anche solo per uno dei due coniugi. Non occorre cioè né che si sia verificata una specifica violazione dei doveri coniugali (coabitazione, fedeltà, collaborazione, assistenza morale e materiale, contribuzione, che tutt’al più rileva ai fini dell’addebito della separazione), né che a volersi separare siano entrambi i coniugi. Prevale in sostanza l’interesse individuale dei coniugi sull’esigenza di conservare l’unità della famiglia.
Questo principio è oramai costantemente affermato dalla giurisprudenza. Da ultimo, la Cassazione lo ha ribadito con la sentenza 1164/2014, con la quale è stato affermato che:
In tema di separazione tra coniugi, la situazione di intollerabilità (presupposto della separazione stessa) della convivenza va intesa in senso soggettivo, non essendo necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, verificabile in base a fatti obiettivi, come la presentazione stessa del ricorso ed il successivo comportamento processuale, (in particolare, il fallito tentativo di conciliazione), dovendosi ritenere, in tali evenienze, venuto meno quel principio del consenso che, con la riforma attuata con la legge 19 maggio 1975, n. 151, caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale.
Quindi, se anche solo per uno dei due coniugi è divenuto soggettivamente intollerabile continuare il matrimonio, tanto basta per chiedere (e ottenere) la separazione, essendo irrilevante che l’altro non voglia “concederla”.