Che differenza c’è tra la separazione e il divorzio?
Principalmente una: la separazione non elimina il rapporto di coniugio. In altre parole, da separati si resta coniugi. E’ infatti solo con il divorzio che si riacquista lo stato civile di “libero”.
Ne deriva che gli effetti del matrimonio, con la separazione, restano solo sospesi: è possibile in ogni momento riconciliarsi, senza particolari formalità, affinchè il rapporto matrimoniale si ripristini, con tutte le conseguenze che ne derivano (in primis, l’obbligo di rispettare i doveri coniugali di fedeltà, collaborazione, coabitazione, assistenza e contribuzione).
Ma quali sono esattamente gli effetti della separazione ?
1) La separazione fa sospende il dovere di:
– coabitazione
– fedeltà (attenzione: non è illecito il comportamento del coniuge separato che intraprenda una nuova relazione sentimentale, purchè non leda in alcun modo l’onore e la reputazione dell’altro coniuge)
– collaborazione all’andamento della famiglia
– assistenza morale, ossia il reciproco sostegno affettivo e personale
L’assistenza materiale, ossia quella di carattere economico, invece permane, trasformandosi tuttavia in obbligo di contribuire al mantenimento dell’altro mediante il versamento di un assegno quando ci sono i presupposti di legge (cioè, il coniuge non ha i mezzi per mantenere un tenore di vita analogo a quello matrimoniale)
2) si scioglie la comunione legale dei beni
3) continuano inalterati i diritti successori: i coniugi restano cioè uno erede dell’altro, e in capo a quello sopravvissuto permane il diritto d’abitazione nella casa coniugale
Una eccezione è data dalla separazione con addebito: il coniuge a carico del quale è stato pronunciato dal Giudice l’addebito (cioè quello ritenuto dal Giudice responsabile della separazione per aver violato i doveri coniugali), perde i diritti successori nei confronti del patrimonio dell’altro (salvo un assegno vitalizio a carico degli eredi, legatari e donatari, se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti).
4) il coniuge superstite ha diritto alla pensione di reversibilità, al trattamento di fine rapporto (TFR) ed alla indennità di mancato preavviso.
5) Viene meno la presunzione di paternità: cioè, il padre non si presume più tale se al momento della nascita del figlio sono decorsi più di 300 giorni dall’omologa dell’accordo di separazione o dalla sentenza.
6) La moglie conserva il cognome del marito, ma il giudice può anche vietarle l’uso se tale uso costituisca un pregiudizio per lo stesso e, viceversa, può autorizzare la moglie a non utilizzare il cognome stesso, quando l’uso sia per lei pregiudizievole.
Gli effetti del divorzio
Con la sentenza di divorzio cessano definitivamente gli effetti del matrimonio.
1) Resta solo il diritto all’assegno di divorzio se l’ex coniuge non ha i mezzi per mantenere il tenore di vita matrimoniale e non se li può procurare per ragioni oggettive (ad esempio, la donna priva di esperienza lavorativa difficilmente potrà iniziare a lavorare in età avanzata per mantenersi da sola; l’ex che abbia un grado di invalidità che gli impedisca di lavorare).
Ottenuto il divorzio il coniuge potrà risposarsi, ma da quel momento perderà l’eventuale diritto all’assegno di divorzio che gli fosse stato in precedenza riconosciuto.
2) Eredità.
Il coniuge divorziato non ha diritti successori, salvo un assegno periodico a carico dell’eredità ma solo se:
– versi in uno stato di bisogno;
– era titolare dell’assegno divorzile.
3) Pensione di reversibilità
Spetta al coniuge divorziato solo se:
– percepiva dall’ex coniuge defunto un assegno divorzile;
– non si è risposato (se convive ciò non comporta di per sè la perdita del diritto alla reversibilità);
– il rapporto di lavoro da cui trae origine il trattamento pensionistico deve essere anteriore alla sentenza di divorzio.
In caso di nuove nozze del coniuge defunto, l’ex divorziato avrà diritto ad una quota della reversibilità ma da dividere con il coniuge superstite.
4) Trattamento di fine rapporto (TFR)
Il coniuge divorziato ha diritto a una percentuale dell’indennità al momento della cessazione del rapporto di lavoro dell’altro coniuge, anche se essa viene a maturare dopo la sentenza di divorzio. Ma solo se non si sia risposato e sia titolare di assegno divorzile.
L’importo è pari al 40% dell’indennità totale da rapportare agli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il matrimonio.