E’ discriminato il disabile che non può usufruire del trasporto pubblico e si trova al centro dell’attenzione dei viaggiatori proprio per le sue difficoltà motorie: quindi, ha diritto sia al risarcimento dei danni non patrimoniali per non aver potuto usare metropolitana, tram e autobus, sia che i responsabili del trasporto pubblico cittadino mettano in campo misure tecniche per consentire alla carrozzina elettrica di salire sulle vetture, tanto sui binari quanto su gomma, per le linee utilizzate dall’interessato.
Lo afferma un’ordinanza della prima sezione civile del tribunale di Milano (giudice Orietta Miccichè).
2 mila euro di risarcimento a carico dell’amministrazione locale e dell’azienda tpl (4000 euro in tutto): la nozione di discriminazione delineata dall’articolo 2 della legge 67/2006 prescinde dall’astratta conformità a leggi o regolamenti del comportamento o dell’atto discriminatorio e dalla concreta intenzione di lesione da parte dell’autore. Le barriere architettoniche incontrate dalla carrozzina elettrica sono sufficienti a far accogliere la domanda proposta sulla base del decreto legislativo 150/11: in un caso l’autista del bus non ha le chiavi per attivare la pedana, in un altro la fermata del tram non risulta predisposta per la discesa del disabile, in un altro ancora non funziona la pedana della metro e l’utente con problemi motori rimane a lungo bloccato in stazione. Disparità di trattamento rispetto agli altri utenti, quindi. E obbligo a carico di Comune e l’ex municipalizzata di eliminare ogni dislivello fra la banchina e i vagoni della metro e le vetture dei tram e consentire la salita e la discesa sugli autobus di linea.