Negare al coniuge rapporti sessuali giustifica l’addebito della separazione.
Così ha deciso la Corte di Cassazione.
Il caso: il marito chiede l’addebito della separazione alla moglie sul presupposto che la donna per ben sette anni aveva rifiutato qualsiasi rapporto sessuale ed aveva del tutto trascurato la conduzione e la pulizia della casa, riducendola in condizioni invivibili.
L’intimità sessuale è da valutare come «uno dei fini essenziali del matrimonio» e il rifiuto del coniuge, «basato su una repulsione personale», è da valutare come «gravemente oltraggioso». Di conseguenza, a parere dei giudici, l’«intollerabilità della convivenza» (presupposto della separazione) è connessa all’«irremovibile atteggiamento» tenuto dalla moglie nei confronti del marito.
La sentenza trova un precedente in altra decisione del 2005, con cui la Cassazione statuì che il rifiuto delle avances del coniuge provoca «frustrazione, disagio, danni sul piano psico-fisico», costituisce «gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner» e configura «violazione dell’inderogabile dovere di assistenza morale». A parere dei Giudici il comportamento della donna ha impedito al coniuge «il soddisfacimento delle proprie esigenze affettive e sessuali» e quindi «l’esplicarsi della comunione di vita nel suo profondo significato».