l’attitudine dell’altro coniuge al lavoro può avere rilievo, ai fini dell’accoglimento della domanda di revoca dell’assegno, solo se si accerti che il beneficiario ha effettivamente e concretamente avuto la possibilità – sopravvenuta rispetto al tempo in cui fu assunta la decisione che si intende modificare – di svolgere un’attività lavorativa retribuita, tenendo conto dei fattori ambientali e individuali e non in forza di mere valutazioni astratte.
nel caso di specie, le censure sollevate dal marito si sono limitate a una serie di generiche considerazioni sul valore dell’assegno divorzile – definito quale “beneficio a vita” – senza alcun riferimento a quanto concretamente accertato dai giudici di appello, che invece nella motivazione del decreto impugnato avevano dato atto del fatto che la donna si era attivata nella ricerca di un lavoro stabile, accettando impieghi a tempo determinato e partecipando a concorsi, e che pertanto la stessa si trovava in una condizione di oggettiva impossibilità di procurarsi adeguati mezzi di sostentamento.
Cass. civile ord. 4 settembre 2020 n. 18522