La revisione dell’assegno divorzile (art. 9, Legge n. 898 del 1970) presuppone l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi capace di variare il pregresso assetto patrimoniale realizzato col precedente provvedimento attributivo dell’assegno. A ciò si aggiunga che il mutamento sopravvenuto delle condizioni patrimoniali delle parti riguarda gli elementi di fatto e, quindi, rappresenta il presupposto che deve essere accertato dal giudice affinché possa procedersi al giudizio di revisione dell’assegno. In sede di revisione il giudice non può procedere ad una nuova valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, bensì, nel rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e dimostrate dalle parti, abbiano alterato l’equilibrio in tal modo raggiunto e adeguare l’importo, o lo stesso obbligo della contribuzione, alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertate.
Cassazione civile, sez. VI, Ordinanza 15 ottobre 2020, n. 22269.