La pensione è pignorabile fino a un massimo di 1/5, ma il pignoramento non può avvenire se la pensione scende sotto il minimo vitale. Il principio è ribadito dalla Cassazione, dalla Corte Costituzionale e confermato anche dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea che garantisce le prestazioni di assistenza sociale finalizzate ad assicurare un’esistenza dignitosa a chi non abbia risorse sufficienti per vivere.
In pratica, dalla pensione occorre detrarre il minimo vitale e sul residuo il pignoramento può essere effettuato nei limiti di un quinto. Vale un’eccezione per Equitalia, che può pignorare al massimo un decimo per pensioni fino a 2.500 euro, un settimo per pensioni tra 2.501 e 5.000 euro e un quinto per pensioni da 5.001 euro in su.
La parte impignorabile, cioè il minimo vitale che serve ad assicurare al pensionato i mezzi adeguati alle esigenze basilari della vita, non è quantificata dalla legge, ma dal Giudice, che quindi dovrà tenere conto delle esigenze concrete del pensionato. I Tribunali adottano in genere due criteri: o fanno riferimento al trattamento minimo vero e proprio stabilito dalla legge che ammonta, al 2014, a euro 501,38, oppure all’importo del cosiddetto incremento del trattamento minimo che per il 2014, è pari ad euro 637,82. Talora è stato preso come riferimento anche l’assegno sociale che, per il 2015, è pari a euro 448,52.