La prova del testamento può essere data per testimoni solo in caso di incolpevole smarrimento
Riguardo all’interpretazione del combinato dispostodell’art. 2725 c.c.eart. 2724 c.c., n. 3, la prova testimoniale per gli atti per i quali è richiesta la forma scritta, o ad substantiam o ad probationem, è ammessa solo dopo che sia acquisita la prova di una serie di circostanze di fatto preliminari, quali: a) l’esistenza del documento; b) il suo contenuto, onde controllare la sua validità formale e sostanziale; c) la prestazione di ogni possibile diligenza, tipica del buon padre di famiglia, nella custodia del documento ovvero di una condotta priva di elementi di imprudenza e di negligenza, nel caso di perdita; d) l’evento naturale o imputabile a terzi, che abbia determinato la perdita del documento (Cass. n. 24100 del 2011; Cass. n. 26155 del 2006; Cass. n. 23288 del 2005). In caso di sparizione di un presunto testamento, è dunque necessario rispettare la condizione di cuiall’art. 2724 c.c., n. 3, interpretando la sua formula nel senso che, dove si parla di contraente, deve intendersi richiamato l’interessato alla ricostruzione del testamento (che nella specie è sicuramente anche il ricorrente, in quanto largamente beneficiato dall’atto), il quale, ove sia stato in possesso del documento, deve dimostrare di essere incolpevole in ordine al suo smarrimento, mentre nel caso in cui egli non sia stato custode della scheda, il suo onere probatorio riguarda, oltre al fatto di non averla mai posseduta, anche la circostanza che egli non fosse particolarmente tenuto a procurarsene la detenzione, pertanto di non essere stato in colpa circa il fatto di non averla posseduta. |
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Cass. civ. sez. III, 30 aprile 2019, n. 11465 |