È annullabile la polizza vita stipulata da un soggetto incapace di intendere e di volere in favore di un terzo beneficiario che non sia legato al primo da un vincolo di mantenimento. L’attribuzione al terzo deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta. Ne consegue che, se compiuta da incapace naturale, è annullabile a prescindere dal pregiudizio che quest’ultimo possa aver patito.
Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza 3263/2016.
Nel caso di specie gli eredi di un’anziana signora impugnavano tre polizze dalla stessa sottoscritte in favore di un terzo soggetto quando già era malata di Alzheimer. Secondo la Corte la volontà della defunta era far conseguire, al momento della scomparsa, l’indennizzo delle polizze ai beneficiari designati nel contratto, senza che tale profitto transitasse attraverso l’asse ereditario e senza che fosse interessato da vicende successorie. L’attribuzione al terzo deve presumersi, fino a prova contraria, compiuta a spirito di liberalità, e costituisce una donazione indiretta. Ne consegue che, se compiuta da incapace naturale, è annullabile a prescindere dal pregiudizio che quest’ultimo possa aver patito.