La casa in comunione dei beni può essere pignorata anche per un debito di uno dei coniugi. All’altro non debitore va corrisposta la metà del ricavato della vendita del bene.
Lo afferma la Cassazione con la sentenza n. 6230/16, rigettando il ricorso promosso da due coniugi contro il pignoramento del loro immobile, deducendo l’illegittimità della vendita in quanto l’articolo 189 Cc non consente di aggredire il bene in comunione legale come bene appartenente per l’intero al debitore. Inoltre, non rientra tra i poteri del giudice dell’esecuzione quello di vendere un bene di proprietà di entrambi.
La Corte rigetta tuttavia la domanda a nulla rilevando, ai fini dell’inesistenza del pignoramento, la circostanza che la donna sia proprietaria della quota di un quarto dell’immobile. Infatti «Per il debito di uno dei coniugi correttamente è sottoposto a pignoramento l’intero bene, pure se in parte compreso nella comunione legale con l’altro coniuge, con conseguente esclusione di ogni irritualità o illegittimità degli atti tutti della procedura, fino all’aggiudicazione e al trasferimento di quello in favore di terzi compresi, nonché con esclusione della fondatezza della pretesa del debitore esecutato e dell’opponente originaria non solo di caducare tali atti, ma pure di separare di quel bene parti o quote o di conseguire dalla procedura esiti diversi dalla vendita per l’intero, salva la corresponsione al coniuge non debitore, in sede di distribuzione, della metà del ricavato lordo di essa, dovuta in dipendenza dello scioglimento, avutosi sia pure in via eccezionale limitatamente a quel bene, ma per esigenze di giustizia ed all’atto del decreto di trasferimento, della comunione legale in parola».