L’assegno divorzile, che va attribuito e quantificato facendo applicazione in posizione pari ordinata dei parametri di cui all’art. 5, comma 6, prima parte, della l. n. 898 del 1970, senza riferimenti al tenore di vita goduto durante il matrimonio, deve assicurare all’ex coniuge richiedente, in ragione della sua finalità composita – assistenziale, perequativa e compensativa -, un livello reddituale adeguato al contributo dallo stesso fornito in ogni ambito di rilevanza declinato tramite i suddetti parametri, mediante complessiva ponderazione dell’intera storia coniugale e della prognosi futura, tenendo conto anche delle eventuali attribuzioni o degli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente e realizzato l’esigenza perequativa. La cassazione della pronuncia impugnata con rinvio per un vizio di violazione o falsa applicazione di legge che reimposti in virtù di un nuovo orientamento interpretativo i termini giuridici della controversia così da richiedere l’accertamento di fatti, intesi in senso storico e normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice del merito, impone, perché si possa dispiegare effettivamente il diritto di difesa, che le parti siano rimesse nei poteri di allegazione e prova conseguenti alle esigenze istruttorie conseguenti al nuovo principio di diritto da applicare in sede di giudizio di rinvio.
Cass. Civ., Sez. I, ord. 15 novembre 2021 n. 34429