In tema di molestia e disturbo alle persone, l’elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà della condotta, tenuta nella consapevolezza della sua idoneità a molestare o disturbare il soggetto passivo, senza che possa rilevare l’eventuale convinzione dell’agente di operare per un fine non biasimevole o addirittura per il ritenuto conseguimento, con modalità non legali, della soddisfazione di un proprio diritto.
Se vi sono argomenti in fatto, che dimostrino l’indisponibilità della persona offesa ad accettare i contatti telefonici, la petulanza non può essere esclusa dal fatto che le telefonate erano concentrate tutte durante la giornata e tendenzialmente fuori dagli orari di lavoro o che fossero mosse dall’intento di arrecare il minor disturbo possibile.
Nel caso di specie, figlia dell’imputato aveva denunciato di avere ricevuto insistenti e continue telefonate dal padre, anche attraverso
utenze anonime, per convincerla ad incontrarlo insieme alla madre. Aveva spiegato in querela che ella e i suoi fratelli avevano subito violenze e maltrattamenti ad opera del padre (che per questi fatti era stato condannato) e per tale ragione si era allontanata dai genitori, non volendo con loro intrattenere più alcun contatto
Cass. Pen., Sez. I, sent. 10 gennaio 2025 n. 1008
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