I genitori possono in ogni momento chiedere la modifica delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo: lo sancisce l’art. 337 quinquies del codice civile.
Pertanto, ai fini della revisione, ad esempio, dell’importo dell’assegno per i figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, non occorre provare un mutamento delle condizioni esistenti nel momento in cui l’importo originario era stato pattuito: la richiesta è sempre possibile.
Secondo la giurisprudenza, infatti, l’importo del contributo che il genitore non collocatario della prole deve versare all’altro, si determina sulla base di diversi criteri, tra i quali le “attuali esigenze del figlio” (ex art. 337-ter c.c.) rapportate al concreto contesto sociale e patrimoniale dei genitori e collegate ad un autonomo e compiuto sviluppo psicofisico che in ragione del trascorrere dell’età, può determinare oltre ai bisogni alimentari e abitativi anche accresciute esigenze personali, di relazione, scolastiche, sportive, sociali, ludiche e così via (Cass. n. 23630/2009).
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’aumento delle esigenze del figlio: “è notoriamente legato alla crescita e allo sviluppo della sua personalità” (Cass. n. 2191/2009), non ha bisogno di specifica dimostrazione (Cass. n. 17055/2007), legittimando di per sé la revisione dell’assegno di mantenimento, anche in mancanza di miglioramenti reddituali e patrimoniali del coniuge tenuto alla contribuzione, a condizione, tuttavia, che l’incremento del contributo di mantenimento, trovi capienza nelle “disponibilità patrimoniali dell’onerato” (Cass. n. 400/2010).