Gli atti di matrimonio e le unioni omoaffettive concluse con istituti analoghi, all’estero, producono senz’altro effetti giuridici nell’ordinamento italiano, secondo il regime della convertibilità. In particolare, si applica l’articolo 32-bis della legge n. 218 del 1995 che comporta la preminenza del modello adottato nel diritto interno, dell’unione civile. Il matrimonio contratto da coppia omoaffettiva all’estero, formata da cittadino italiano e da cittadino straniero, non è trascrivibile come tale, bensì come unione civile, in adesione al modello legislativo applicabile nel nostro ordinamento. L’articolo 32-bis cit. non trova invece applicazione diretta nell’ipotesi in cui venga richiesto il riconoscimento di un’unione coniugale contratta all’estero da due cittadini stranieri. Il procedimento di cd. downgrading non può essere giudicato discriminatorio dal momento che la scelta del modello di unione riconosciuta tra persone dello stesso sesso negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d’Europea è rimessa al libero apprezzamento degli Stati Membri, salva la definizione di uno standard di tutele coerenti con l’interpretazione del diritto alla vita familiare ex art. 8 fornita dalla Corte EDU.
Lo afferma la Cassazione Civile, sez. I, sentenza 14 maggio 2018 n. 11696 (Pres. Tirelli est. Acierno)