Marito e moglie si separano. Alla donna viene riconosciuto un assegno inferiore alle sue aspettative, ma la Cassazione ritiene l’ammontare congruo alla luce del tenore di vita coniugale e del divario dei redditi.
Il marito lavorava per l’Alitalia e, collocato a riposo, aveva ottenuto Euro45.000,00 atitolo di T.F.R., percepiva una pensione annua di Euro 36.053,00, non possedeva immobili, corrispondeva un canone di locazione per l’abitazione, aveva acquistato un villino, di proprietà della famiglia della moglie, con riserva di usufrutto per la moglie stessa e la madre, che aveva intestato alla figlia, e di cui pagava le rate del mutuo. La moglie, di contro, non lavorava, non percepiva redditi, ma non sosteneva neppure spese abitative, vivendo nella casa acquistata dall’uomo.
La Corte di Cassazione, con la sentenza 23734/2012, conferma il proprio costante orientamento, cioè che l’assegno di separazione deve tendere a ricostituire il tenore di vita goduto dal coniuge durante il matrimonio: indice di tale tenore di vita può essere il divario reddituale attuale tra i coniugi. Ribadisce poi che le questioni di fatto non sono valutabili in Cassazione, che può essere investita solo su questioni di diritto.
Nel caso di specie, gli Ermellini ritengono che i Giudici di merito, nel diminuire l’assegno da 900 a 600 euro mensili, avessero attentamente valutato tutti gli elementi necessari al fine di determinare il diritto della donna all’assegno di mantenimento e la quantificazione dell’ammontare.
Ricorso della moglie rigettato, compensate le spese di causa.