La moglie lavoratrice precaria ha diritto all’assegno di divorzio anche se in sede di separazione ha rinunciato al mantenimento al raggiungimento, da parte sua, di adeguati redditi propri.
Lo afferma la Cassazione con l’ordinanza 12217/2016, seguendo l’indirizzo consolidato secondo cui «l’assegno va rapportato al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, ma indice di tale tenore può essere l’attuale disparità reddituale dei coniugi». La Corte ha quindi ristabilito, come deciso dal Tribunale, che l’ex marito deve versare un assegno divorzile di 150 euro mensili alla moglie. A nulla vale quindi che, in sede di separazione, le parti avessero pattuito che il versamento doveva sussistere fino al raggiungimento di adeguati redditi propri da parte della moglie. Ciò perchè la donna ha un lavoro precario (e quindi non ha redditi stabili) e perché comunque, senza quell’assegno non può affermarsi, perché non specificato in sentenza, che non vi è disparità reddituale. Va quindi accertata la consistenza dei redditi dei coniugi e del lavoro eventualmente svolto dalla moglie per una decisione definitiva.