Presupposto per l’erogazione dell’assegno divorzile è l’inadeguatezza «dei mezzi economici a disposizione del richiedente per consentirgli il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio», tenuto conto, altresì, delle aspettative maturate in costanza di matrimonio, dell’incapacità del coniuge richiedente di procurarsi tali mezzi economici per ragioni obiettive, nonchè dell’accordo di separazione e dell’eventuale variazione della situazione patrimoniale delle parti dalla separazione ad oggi. Il Tribunale osserva, infatti, che l’assetto economico concordato dai coniugi in sede di separazione costituisce un elemento di valutazione ai fini della determinazione dell’assegno divorzile; esso costituisce, di norma, «l’ammontare massimo entro i cui limiti va fissato il quantum» dell’assegno divorzile, salvo venga dimostrato un incremento della situazione patrimoniale del coniuge obbligato, successivo alla separazione, conseguente ad aspettative maturate nel corso dell’unione coniugale e costituente sviluppo naturale e prevedibile dell’attività svolta durante il matrimonio o venga provata, comunque, una significativa modifica della situazione economica-reddituale dei coniugi.
Nel caso di specie, il Tribunale di Milano con sentenza 18 gennaio 2017 osserva che parte ricorrente è in grado di mantenere il precedente tenore di vita con i soli proventi del proprio lavoro,senza alcun contributo economico da parte del coniuge. Al riguardo, infatti, la madre non ha fornito nessuna prova dell’oggettiva impossibilità di procurarsi autonomamente i mezzi adeguati al proprio sostentamento e al mantenimento del precedente tenore di vita; l’età dei figli (16 e 18 anni) permette, inoltre, alla donna la possibilità di un inserimento lavorativo anche a tempo pieno; non è data prova che le condizioni economiche del coniuge siano migliorate rispetto all’epoca della separazione. Per questi motivi, il Tribunale respinge la domanda di assegno divorzile
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