La Corte d’Appello di Genova stabiliva che l’amministratore di sostegno non potesse sostituirsi al beneficiario nell’espressione del rifiuto a cure mediche, ancorchè nel caso di specie la volontà del beneficiario stesso era stata espressa molto chiaramente ed era stata oggetto proprio dell’atto con cui lo stesso aveva designato il proprio amministratore di sostegno. La Suprema Corte cassa il provvedimento, richiamandosi ad una ormai consolidata giurisprudenza interna ed europea, stabilendo come debba ritenersi che – attraverso la scelta dell’amministratore da parte del beneficiario – sia possibile esprimere, nella richiesta di amministrazione di sostegno – ai sensi del combinato disposto degli artt. 406 e 408 cod. civ. – proprio l’esigenza che questi esprima, in caso di impossibilità dell’interessato, il rifiuto di quest’ultimo di determinate terapie; le esigenza rappresenta la proiezione del diritto fondamentale della persona di non essere sottoposto a trattamenti terapeutici, seppure in via anticipata, in ordine ad un quadro clinico chiaramente delineato.
Cass. 15 maggio 2019 n° 12998