La partecipazione alle pratiche collettive di un culto religioso, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti dall’art. 19 Cost., non può considerarsi di per sé come ragione di addebito della separazione, a meno che l’adesione al nuovo credo religioso non si traduca in comportamenti incompatibili con i concorrenti doveri di coniuge previsti dall’art. 143 c.c., in tal modo determinando l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.
Nel caso di specie era stato dimostrato che la svolta religiosa aveva coinciso con un cambio di atteggiamento nei confronti del coniuge, traducendosi in un comportamento moralmente violento, ontologicamente incompatibile con gli obblighi di assistenza e collaborazione nell’interesse della famiglia e suscettibile di determinare l’addebito della separazione, perché idoneo a compromettere l’armonia di coppia
Corte App. Napoli sentenza 12 luglio 2024
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