Il genitore che se ne va con il figlio minore portandolo via dall’altro esercente la potestà, sebbene comunichi l’allontanamento con una raccomandata, commette reato di sottrazione del minore.
Lo afferma la sesta sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 20315/15, rigettando il ricorso di una donna condannata a un anno e due mesi di carcere per essere andata in Polonia con la figlia, sottraendola così al padre. Ritengono i Giudici che nel caso di specie non ricorrano i presupposti dello stato di necessità, considerato che la bambina, «affetta da comuni patologie alle vie respiratorie», poteva essere curata anche in Italia.
La Cassazione mette in rilievo che «l’elemento soggettivo del delitto di cui all’articolo 574 c. p. è integrato dal dolo generico e consiste nella coscienza e volontà di sottrarre il minore all’altro genitore esercente la potestà genitoriale e di trattenerlo presso di sé contro la volontà dell’altro coscienza e volontà che, come bene esplicitato dal giudice a quo, sono dimostrate dalla stessa condotta della ricorrente la quale, evidentemente ben conscia del provvedimento di affidamento congiunto della figlia ai genitori, avvisava il marito separato che avrebbe portato la minore in Polonia con una raccomandata inviata in un momento successivo all’allontanamento, fra l’altro adducendo ragioni connesse alle condizioni di salute della bambina che non erano tali da costituire una valida giustificazione per la sottrazione al genitore affidatario esercente la potestà genitoriale». Sotto un altro profilo, va rilevato come non ricorressero i presupposti dello stato di necessità, «atteso che la minore, come accertato dai giudici di merito e argomentato con considerazioni adeguate, era affetta non da una malattia così grave da impedire il suo rientro in Italia, ma solo da una comune affezione alle vie respiratorie, che non la rendevano intrasportabile, salvo che nella fase acuta, e che ben avrebbe potuto essere curata sul territorio nazionale».