Non costituisce motivo d’addebito il comportamento del coniuge che causa la crisi economica della famiglia tanto da rendere necessaria la vendita della casa coniugale e determinare la separazione. La cattiva gestione economica è una condotta estranea ai doveri matrimoniali.
Lo afferma la sentenza 17367/2015 del tribunale di Roma che, nel dichiarare la separazione tra due coniugi, ha respinto la richiesta di addebito nei confronti del marito proposta dalla moglie. Quest’ultima evidenziava che il marito, durante il matrimonio, aveva fatto dispendiosi acquisti di auto, accessori personali di ogni genere e aveva inoltre irresponsabilmente acquistato, con la sua compartecipazione, un ristorante, gestendolo in modo non appropriato tanto che quell’acquisto si è rivelato controproducente per il nucleo familiare. Debiti importanti quelli accumulati, assegni e cambiali protestate, tanto da rendere necessaria la vendita della casa coniugale. La donna, per far fronte al disastro economico, doveva chiedere un mutuo mettendo a garanzia la casa della madre. Elementi che tuttavia secondo il Tribunale non possono essere considerati di una gravità tale da giustificare una pronuncia di addebito della separazione. Esaminata a fondo la situazione economica dei due ex coniugi e l’ingente mole di debiti da pagare dopo pignoramenti vari il giudice ha disposto che ogni mese l’ex marito, che intanto vive nella casa della nuova compagna con cui ha un figlio, versasse 100 euro di mantenimento nei confronti del figlio, affidato a entrambi i genitori ma collocato presso la madre, e 100 euro nei confronti della moglie.