La casa costruita sul terreno di proprietà di un coniuge non cade in comunione dei beni.
La Cassazione civile, con la sentenza n. 6020 del 14 marzo 2014, conferma il proprio consolidato orientamento in materia, che trova origine nella sentenza delle Sezioni Unite n. 651 del 27/1/1996: : “La costruzione realizzata durante il matrimonio da entrambi i coniugi, sul suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno di essi, appartiene esclusivamente a quest’ultimo in virtù delle disposizioni generali in materia di accessione e, pertanto, non costituisce oggetto della comunione legale, ai sensi dell’art. 177, I comma, lett. b), cod. civ.”.
Pertanto, il coniuge proprietario del suolo acquista anche la piena proprietà dell’immobile edificata sul medesimo. In capo all’altro coniuge sorge solo un diritto di credito in riferimento alle somme sborsate, e pari alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione dell’immobile.
Se dette somme erano state prelevate dalla comunione, ai sensi dell’art. 192, 1° co. cod. civ. ciascun coniuge è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prese dal patrimonio comune. Se invece per la costruzione sia stato impiegato denaro appartenente in via esclusiva all’altro coniuge, a quest’ultimo spetterà il diritto di ripetere le somme versate sia per l’acquisto dei materiali che per la manodopera, secondi i principi della ripetizione dell’indebito, di cui all’art. 2033 cod. civ.
Con la sentenza in commento, gli Ermellini precisano anche che la questione relativa ai crediti che uno dei coniugi vanti verso l’altro è estranea al giudizio di separazione, dovendo eventualmente costituire oggetto d’apposito procedimento, successivo alla pronuncia di separazione coniugale.