Viceversa spetta, invece, a colui che intende avvalersi del testamento provare che il documento sia stato redatto in un momento di lucidità del de cuius nel caso in cui il testatore sia affetto da incapacità totale e permanente.
La scelta dei mezzi istruttori idonei a provare l’incapacità naturale del testatore spetta al giudice di merito, purché sia adeguatamente motivata.
La Corte territoriale ha tenuto conto sia della prova documentale allegata in atti, quale il certificato rilasciato dal medico curante della de cuius in epoca prossima alla redazione del testamento da parte della stessa (ritenuto, tuttavia, non sufficiente a fornire di per sé prova di un decadimento del soggetto, tale da integrare la carenza della capacità di intendere e di volere) sia delle dichiarazioni rese dall’assistente sociale del luogo.
Il giudice di merito non ha ritenuto, invece, di espletare la consulenza tecnica d’ufficio, affermando che la stessa non avrebbe potuto fornire risultati attendibili, in quanto avrebbe avuto ad oggetto unicamente l’esame degli atti (a distanza, peraltro, di diversi anni dalla data di redazione del testamento e del decesso della testatrice).
Anche la richiesta di ammissione delle prove orali è stata rigettata dal giudice del merito, essendo state le stesse ritenute generiche e inidonee a provare lo stato di incapacità della de cuius.
Così Cassazione Civile n.28758/2017