Minore affidato in via esclusiva alla madre se il padre non si mette mai in discussione e non è in grado di instaurare un dialogo con l’ex moglie interesse del figlio.
Lo ha affermato il Tribunale di Roma con la sentenza 18197/15: la coppia, in crisi irreversibile, decideva di separarsi. Il marito, affetto da «notevoli patologie», causa di limitazioni nella vita personale e lavorativa, non aveva mai lavorato in modo continuativo.
Dalla Ctu emergeva un atteggiamento negativo da parte dell’uomo e «manifestazioni paranoidee, rispetto al sentirsi perseguitato, tali da condizionarne il senso della realtà e da rendersi incompatibili con la condivisione della responsabilità genitoriale».
Il tribunale ritiene che, pur avendo la Ctu rilevato, in un aggiornamento successivo alla prima indagine, un «significativo progresso» dell’atteggiamento dell’uomo, favorito anche dallo stabilizzarsi della relazione con una nuova compagna, debba essere confermato l’affido esclusivo del minore alla madre. Permane, infatti, un atteggiamento rabbioso e la difficoltà dell’uomo di valutare «con equilibrio il reale». In base a queste valutazioni, il giudice ritiene che l’uomo non sia in grado di instaurare un dialogo con la ex nell’interesse del figlio, elemento indispensabile per l’affido condiviso.