Nel caso di doppia cittadinanza del minore, non può trovare applicazione l’art. 4 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 (a cui rinvia l’art. 42, l. n. 218/1995). Tale norma, infatti, attribuisce la prevalenza alle misure adottate dal giudice dello Stato in cui il minore è cittadino su quelle adottate nel luogo di residente abituale.
Sul tema la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che nel caso di doppia cittadinanza del minore, non può trovare applicazione l’art. 4 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 (a cui rinvia l’art. 42, l. n. 218/1995, rubricato «Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori»). Tale norma, infatti, attribuisce la prevalenza alle misure adottate dal giudice dello Stato in cui il minore è cittadino su quelle adottate nel luogo di residente abituale. Evidenziando che il problema dell’ambito di applicazione della Convenzione dell’Aja deriva anche dal fatto che l’Italia non si è avvalsa della facoltà di cui all’art. 15 che consente la creazione di una competenza speciale per le misure attinenti ai minori, le Sezioni Unite riconoscono come dirimente il criterio della residenza abituale del minore che è comunque posto a salvaguardia della continuità affettivo–relazione dello stesso e non contrasta con il suo preminente interesse, al contrario, valorizzandolo.
(Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, ordinanza n. 13912/17; depositata il 5 giugno)