Ha diritto all’assegno di mantenimento la figlia 27enne studentessa universitaria fuori corso su una laurea triennale, anche se ha rifiutato la richiesta del padre di rientrare dalla sede universitaria prescelta e tornare a casa, ove il genitore aveva dedicato una zona dell’abitazione a suo esclusivo utilizzo.
Sussiste inoltre la legittimazione attiva della figlia e passiva del padre in ordine alla domanda di modifica dell’assegno, in virtù di quanto previsto all’art. 337-septies c.c.. Il giudice può, infatti, riconoscere ai figli maggiorenni ancora non indipendenti economicamente un assegno periodico che si prevede sia versato automaticamente all’avente diritto. Ininfluente risulta, quindi, il presupposto della convivenza o meno del figlio con il genitore, condizione non prevista dal testo della norma.
Secondo la Corte d’Appello , che pur in assenza di un reale impegno della giovane negli studi e nel lavoro, si deve in ogni caso riconoscere, in virtù «dell’attuale momento economico ed alla stregua dell’id quod plerumque accidit», la possibilità di una certa inerzia nella maturazione che porta all’indipendenza dei giovani ragazzi, riconosciuta dai giudici anche nel caso in esame, attesa l’età della ragazza (ventiseienne).
Peraltro ormai giurisprudenza consolidata individua criteri elastici, al fine di ritenere superata la fase di obbligo di tutela economica del figlio, tanto che la giurisprudenza milanese ha fissato tale discrimen a 34 anni.
Per questo motivo la Corte d’Appello di Trieste sent. 3.5.2017 , anche sulla base dell’indiscussa possibilità economica del padre e nel rispetto del diritto della figlia di essere accompagnata nel suo percorso di maturazione, ritiene necessario un modesto ridimensionamento dell’assegno per le spese personali in 350 euro mensili, confermando nel resto il decreto impugnato.