In tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa le capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione.
Nel caso di specie, secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha fatto una corretta applicazione del principio sopra enunciato decidendo la collocazione prevalente della minore presso il padre in grado di garantire alla medesima maggiore stabilità e di darle quel senso di sicurezza e continuità già fortemente minato dalla conflittualità genitoriale. La collocazione prevalente presso il padre è stata decisa anche in virtù dello stile educativo più regolativo da parte di quest’ultimo, mentre la madre è più permissiva e distante emotivamente dalla minore.