Entrare nel profilo Facebook di mogli o ex fidanzate, che abbiano spontaneamente comunicato le proprie credenziali di accesso, è reato se avviene contro la loro volontà. Secondo la Cassazione la condivisione di username e password con il partner non costituisce di fatto consenso all’accesso informatico sul social dell’altro e di cui, in modo lecito, si posseggono le chiavi di accesso. Non scatta, quindi, alcuna scriminante del reato previsto dall’articolo 615- ter del Codice penale se si fotografano chat intrattenute su Facebook o se addirittura si utilizza il social simulando di essere il titolare del profilo. In questo caso scatta anche il reato di sostituzione di persona.
Non opera alcuna scusante in caso di lecita conoscenza delle chiavi di accesso. E ancor meno se si modificano le credenziali impedendo l’accesso al titolare o se si utilizza il social per ingiuriare terzi sotto la falsa identità di chi formalmente appare. Nelle due vicende i fatti erano in un caso l’acquisizione di una chat, fonte di lite tra due coniugi, e poi prodotta ‘a carico della moglie’ in sede di separazione; e nell’altro il sostituirsi alla ex per ingiuriare il rivale.
Cass.penale nn. 2942 e 2905/2019