La legge 76/2016 introduce i contratti tra conviventi (eterosessuali o dello stesso sesso). Con tali contratti le parti possono regolare i loro rapporti patrimoniali.
Alcune materie non possono costituire oggetto di regolamentazione. Si tratta di:
1) clausole relative ai figli nati dall’unione dei due contraenti, che, alla luce della riforma della filiazione, godono degli stessi diritti dei figli nati dal matrimonio. Ciò che attiene alla prole è regolato da norme apposite ed eventualmente dall’intervento del Giudice il quale, nelle sue determinazioni può sempre discostarsi dalla volontà dei genitori, qualora ritenga che gli accordi raggiunti siano contrari all’interesse dei minori (
art. 337 ter, comma 2, c.c.).
2) disposizioni di carattere “morale”: in particolare, dei doveri di cui all’
art. 143 c.c. di fedeltà, di assistenza morale e di coabitazione che, in caso di violazione, non sarebbero sanzionabili. Il rispetto di tali doveri è rimesso alla sfera morale dei
partners.
3) previsioni previdenziali e di natura successoria, nel rispetto della previsione di cui all’
art. 458 c.c., (divieto dei patti successori) in base al quale «[…] è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione. E’ del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi». In tal caso, l’unica tutela reciproca possibile, sarà la redazione di un testamento contenente specifiche previsioni a favore dell’altro, nel rispetto, ovviamente, di quanto spettante agli eventuali legittimari.
4) conseguenze della rottura della convivenza contrarie alla disciplina dettata dalla l. 76/2016. Ad esempio la preventiva rinuncia all’assegno alimentare.