La comunione legale tra i coniugi comprende solo gli atti che comportano un trasferimento del diritto di proprietà (o la costituzione di altri diritti reali come una servitù, ecc.) e non i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per loro stessa natura relativa e personale, non sono suscettibili di cadere in comunione.
Quindi, come chiarito dalla Cassazione con la sentenza 11504/2016, non rientra nella comunione un diritto di credito sorto sulla base di un contratto preliminare stipulato esclusivamente da un coniuge.
Secondo il costante orientamento della Corte, non cade in comunione legale l’immobile che, promesso in vendita a persona coniugata in regime di comunione legale, sia coattivamente trasferito ex art. 2932 cod. civ., a causa dell’inadempimento del promittente venditore, al promissario acquirente, con sentenza passata in giudicato dopo che tra quest’ultimo ed il coniuge era stata pronunciata la separazione (tra le tante, v. Sez. 3, Sentenza n. 12466 del 19/07/2012 Rv. 623485; Sez. 2, Sentenza n. 1548 del 24/01/2008 Rv. 601814; Sez. 2, Sentenza n. 3185 del 2003 in motivazione; Sez. 2, Sentenza n. 1363 del 18/02/1999 Rv. 523338).
È stato infatti precisato che la comunione legale fra i coniugi, di cui all’art. 177 cod. civ., riguarda gli acquisti, cioè gli atti implicanti l’effettivo trasferimento della proprietà della “res” o la costituzione di diritti reali sulla medesima, non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di una “res”, non sono suscettibili di cadere in comunione (v. Sez. 2, Sentenza n. 1548/2008 cit.).