Con la separazione dei coniugi cosa accade alla comunione legale?
La separazione coniugale, consensuale o giudiziale, rientra tra le cause di scioglimento della comunione legale, con conseguente diritto di ciascun coniuge a chiedere la divisione dei beni.
Salvo diversi accordi tra i coniugi, il regime patrimoniale legale – ossia quello che opera automaticamente, senza bisogno di alcun atto specifico da parte dei coniugi – è la comunione, che comporta la comproprietà dei beni acquistati durante il matrimonio.
Naturalmente, i coniugi possono sempre sciogliere la comunione, ma solo nei casi previsti dalla legge (art. 191 cod. civ.) Tra di essi, è contemplata la separazione coniugale: precisamente, lo scioglimento coincide con:
– la sentenza di separazione
– oppure l’omologa dell’accordo di separazione
entrambi sono provvedimenti del Giudice
Fino a quel momento, pertanto, tutti gli acquisti dei coniugi, anche se già autorizzati dal Giudice a vivere separati, continuano a cadere in comunione.
I beni dopo lo scioglimento della comunione
Sciolta la comunione, i coniugi possono dividere i beni, in parti uguali. Lo possono fare
– di comune accordo, con un contratto
– oppure giudizialmente, cioè chiedendolo al giudice (art. 194 cod. civ.)
Diversamente possono anche scegliere di rimanere in comunione ordinaria o di alienare la propria quota o parte di essa all’altro coniuge o a un terzo, che in tal modo entrerà in comunione (comproprietà) con il coniuge non alienante.
Il denaro liquido dopo lo scioglimento della comunione
Il denaro liquido, sia che provenga dal lavoro di uno dei coniugi che dalle singole attività di entrambi, sebbene in misura diversa per ciascuno di essi, va comunque diviso in parti uguali.
Le operazioni di divisione sono complesse. Si identificano due masse:
– una attiva (costituita, per esempio, dal denaro liquido presente in casa, dai conti correnti, ecc.)
– una passiva (costituita dai debiti contratti dalla famiglia, compresi, mutui, ipoteche, spese condominiali, spese per il mantenimento della famiglia e l’istruzione ed educazione dei figli e ogni altra obbligazione contratta congiuntamente dai coniugi (art. 186 cod. civ.)
Quindi, dall’attivo si toglie il passivo e il risultato verrà diviso al 50% tra i coniugi.
In tali operazioni non devono essere conteggiati i beni che appartenevano ai coniugi prima della comunione o perché venuti per successione o donazione: essi infatti non ricadono nella comunione.
Successivi acquisti
Cessata la comunione, i beni acquistati separatamente restano nella proprietà del coniuge acquirente.
L’azienda gestita in comune è regolata dalla legge sulle società.
Ciascuno dei coniugi, dunque, da questo momento, è responsabile in via esclusiva per i debiti assunti personalmente.