Ciò che qualifica la condotta come maltrattante, in un quadro di insieme e non parcellizzato, è che i reiterati comportamenti, anche solo minacciati, operanti a diversi livelli (fisico, sessuale, psicologico o economico) nell’ambito di una relazione affettiva, siano volti a ledere la dignità della persona offesa, ad annientarne pensieri ed azioni indipendenti, a limitarne la sfera di libertà ed autodeterminazione, a ferirne l’identità di genere con violenze psicologiche ed umiliazioni, in quanto il disegno discriminatorio che guida gli autori dei reati di violenza contro le donne è costituito dal deliberato intento di possesso, dominazione e controllo della libertà femminile per impedirla. Il giudice è, dunque, tenuto a valutare non solo gli episodi che ritiene soggettivamente più gravi, sol perchè colpiscono l’integrità fisica o costituiscono specifici reati, ma anche a valorizzare e descrivere, in modo puntuale, innanzitutto il contesto diseguale di coppia in cui si consuma la violenza, anche psicologica, praticata dall’autore ed il clima di umiliazione che impone alla vittima per lederne la dignità.
Cass. Pen. Sent., 15 settembre 2023, n. 37978
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