Il comodatario (in questo caso l’ex convivente) non può chiedere al comodante (il padre dell’ex compagna) la restituzione di quanto speso per le migliorie apportate all’immobile adibito a casa famigliare. Lo afferma la Cassazione con la sentenza 13339/2015.
Un padre ha concesso in comodato alla figlia ed al suo compagno un immobile; dopo l’interruzione della convivenza, il sig. X ha convenuto in giudizio l’ex suocero per chiedere un indennizzo per le migliorie apportate all’immobile poi rilasciato a seguito dell’interruzione della convivenza.
Il Tribunale ha rigettato la richiesta, mentre la Corte d’Appello ha riformato la sentenza, accogliendo la domanda ex art. 2041 c.c. nella misura di euro 5.000 a titolo di indennizzo.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del comodante, ritenendo come non fosse dovuto al comodatario alcun rimborso per le migliorie apportate all’immobile.
L’art. 1808 c.c., infatti, esclude il diritto del comodatario al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa, prevedendo come unica eccezione per le spese straordinarie occorse per la conservazione della cosa, sempreché le stesse siano state necessarie ed urgenti.
A fronte del chiaro tenore della norma, la Corte ha ritenuto che sia esclusa la possibilità che possa spettare un qualche rimborso (neppure nella forma dell’indennità o dell’indennizzo) per esborsi che, ancorchè abbiano determinato un miglioramento, non siano risultati necessari per far fronte ad improcrastinabili esigenze di conservazione della cosa; la Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza che ha affermato che “il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante. Ne consegue che se un genitore concede un immobile in comodato per l’abitazione della costituenda famiglia, egli non è obbligato al rimborso delle spese, non necessarie né urgenti, sostenute da uno dei coniugi durante la convivenza familiare per la migliore sistemazione dell’abitazione coniugale (cfr. Cass. 1216/2012)”. La medesima giurisprudenza ha, del resto, escluso la possibilità che il comodatario, per ottenere il rimborso, possa esperire l’azione ex art. 2041 c.c. in alternativa subordinata a quella contrattuale per eluderne gli effetti sfavorevoli.