«Viola gli obblighi positivi derivanti dall’art. 8 della Convenzione l’autorità giudiziaria italiana che, a fronte dell’impossibilità del genitore non convivente di esercitare il suo diritto di frequentazione del figlio a causa della condotta ostacolante dell’altro genitore, si sia limitata ad adottare misure automatiche e stereotipate (quali gli ordini alle parti di collaborare e di eseguire le loro decisioni), non ponendo in essere una reazione rapida a tale situazione, tenuto conto del fatto che il decorso del tempo può avere effetti negativi sulla possibilità di riallacciare una relazione tra genitore e figlio. Ne consegue che, pur in presenza di tensioni fra i genitori del minore e di una mancanza di collaborazione tra gli stessi, l’autorità italiana, tenendo conto del superiore interesse del minore, ha il dovere di adottare misure concrete al fine di ristabilire il legame familiare tra genitore non convivente e figlio (ed indurre gli interessati ad una migliore collaborazione), anche facendo ricorso a misure coercitive, stante il comportamento manifestamente illegale del genitore convivente»
La sentenza pronunciata dalla CEDU 17 dicembre 2013; Pres. KARAKAS. N.S. c. ITALIA non è recentissima ma è strettamente attuale. L’art. 8 della Cedu che garantisce il rispetto della vita privata e famigliare è il perno di questa e di altre decisioni che vedono il nostro Paese al centro del dibattito europeo per non adottare le misure necessarie ed urgenti volte a garantire il rispetto del diritto del minore a conservare integre due figure genitoriali, anche dopo la disgregazione del nucleo famigliare.