I buoni postali non sono frutti o proventi percepiti e non consumati, quale ad esempio è il saldo attivo di un conto corrente che rientra ex art. 177 c.c. nella comunione de residuo, ma beni mobili, rientrando nella specifica categoria dei prodotti finanziari. Attraverso l’acquisto del buono, infatti, i coniugi investono il denaro di cui hanno la disponibilità, trasformandolo in un bene durevole, destinato ad incrementare il patrimonio familiare. Si applica quindi alla fattispecie l’art. 177 c.c., comma 1, il quale stabilisce che costituiscono oggetto di comunione «gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi a beni personali». In virtù di questa disposizione confluisce immediatamente nel patrimonio comune non solo l’acquisto che i coniugi effettuano congiuntamente, ma anche gli acquisti fatti da un solo coniuge, che entrano a far parte del patrimonio comune: l’altro coniuge ne diventa ex lege contitolare. Non impedisce la caduta in comunione il fatto che il denaro impiegato nell’acquisto, anziché comune, abbia natura personale. In questa seconda ipotesi, il bene acquistato avrà a sua volta natura personale soltanto se rispettate le formalità di cui all’art. 179 c.c., comma 1 lett. F), e cioè qualora venga resa la prevista dichiarazione, che è sempre necessaria quando possano sorgere dubbi sulla natura personale del bene impiegato per l’acquisto, ivi compreso il denaro. Lo ha affermato la Corte d’Appello di Catania con una sentenza del 13/11/2014