L’art. 1 l. n. 164/1982, nel subordinare la rettifica dello stato civile a intervenute modifiche dei caratteri sessuali dell’istante, non specifica se a tal fine sia sufficiente la mutazione dei caratteri sessuali secondari o se sia necessaria invece una modifica di quelli primari mediante intervento chirurgico di demolizione/adeguamento.
Sulla questione sono intervenute sia la giurisprudenza di legittimità che la Corte costituzionale affermando che per conseguire la rettificazione di sesso nei registri dello stato civile non è obbligatorio l’intervento chirurgico ma è necessario un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo (Corte cost. n. 221/2015; Cass. n. 15138/2015). In sede giudiziale deve, quindi, potersi accertare che il mutamento di sesso, «scelta personale tendenzialmente immutabile», sia effettivamente tale ossia abbia assunto le caratteristiche di irreversibilità tramite il completamento del percorso individuale.
Nel caso di specie, poiché risultava in termini sufficientemente chiari e univoci che la minore, «motivata da una radicata percezione di appartenenza al sesso maschile» abbia ormai maturato con piena consapevolezza una seria e definitiva scelta di genere, il Tribunale accoglie la domanda presentata dai genitori nel suo interesse e conformemente alla sua volontà e ordina la modifica degli atti anagrafici nella parte in cui riportano ancora il nome femminile e non quello maschile prescelto dalla ragazza.
I genitori, che agiscono quali legali rappresentanti, sono altresì autorizzati a permettere alla figlia di effettuare ogni ulteriore trattamento di carattere medico chirurgico che dovesse ritenere ancora necessario all’adeguamento dei suoi caratteri e organi sessuali, primari e secondari.
Trib. Genova 17.1.2019 n.153
fonte: ilfamiliarista.it