Nella separazione, il coniuge che lavora e che è in grado di mantenersi può comunque aver diritto all’assegno di mantenimento, non valendo il criterio dell’autosufficienza economica come per il divorzio. Il parametro dell’assegno di separazione resta quello dei redditi adeguati a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Inoltre, nel calcolo dell’assegno, deve valutarsi l’assegnazione della casa familiare.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell’ordinanza n. 28327/2017 . Secondo la Corte sono fondate le doglianze avanzate dalla donna riguardanti il criterio legale del diritto all’assegno: precisano i giudici, la statuizione de qua non tiene conto del principio ribadito, anche di recente dalla sentenza n. 12196/2017, secondo cui la separazione personale, a differenza dello scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, presuppone la permanenza del vincolo coniugale. Pertanto, i “redditi adeguati” a cui, ex art. 156 c.c., va rapportato l’assegno di mantenimento a favore del coniuge, in assenza della condizione ostativa dell’addebito, sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Durante la separazione permane infatti il dovere di assistenza materiale restando sospesi solo gli obblighi di natura personale e di fedeltà, convivenza e collaborazione.In ogni caso, precisa la Corte, in tema di separazione personale dei coniugi, il godimento della casa familiare costituisce un valore economico (corrispondente di regola al canone ricavabile dalla locazionedell’immobile) del quale il giudice deve tenere conto ai fini della determinazione dell’assegno dovuto all’altro coniuge per il suo mantenimento e per quello dei figli.