Nel caso di specie la moglie risulta è priva di una fonte di reddito che le consenta di mantenersi adeguatamente in quanto in costanza di matrimonio non ha svolto attività lavorative essendosi dedicata interamente alla famiglia; è stata, inoltre, riconosciuta affetta da una patologia invalidante per il 46%.
Tali elementi rapportati all’età anagrafica della donna (51 anni), anche se non comportano l’impossibilità di svolgere un’attività lavorativa, rendono di fatto molto difficile per la stessa ricollocarsi sul mercato del lavoro.
Il Tribunale di Alessandria le riconosce quindi un assegno di divorzio e richiama i principi affermati dalla recente sentenza delle Sezioni Unite Cass. 18287/2018.
Il Tribunale ricorda che, secondo le Sezioni Unite, è necessario eliminare la rigida distinzione tra criterio attributivo e criteri determinativi della assegno divorzile con la conseguente inclusione, nell’accertamento da parte del giudice, di tutti gli indicatori contenuti nell’art. 5, comma 6, l. div. «in posizione equiordinata». Ciò al fine di escludere i rischi di un ingiustificato arricchimento derivanti dalla valutazione in via prevalente della comparazione della situazione economico – patrimoniale delle parti «dovendosi assicurare tutela, in chiave perequativa, alle situazioni, statisticamente molto frequenti», caratterizzate da una sensibile disparità di condizioni tra i coniugi, dettate non solo dalla radicale mancanza di autosufficienza economica ma piuttosto da un dislivello reddituale conseguente a decisioni comuni assunte dalle parti in merito alla conduzione della vita familiare. La Suprema Corte, osserva il Collegio, ha ritenuto che la funzione assistenziale dell’assegno divorzile fosse composta anche di un contenuto perequativo – compensativo, direttamente derivante dalla declinazione costituzionale del principio di solidarietà. Ciò conduce al riconoscimento di un contributo che, partendo dalla comparazione delle condizioni economico – patrimoniali dei coniugi, deve tenere conto non solo del raggiungimento di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza, secondo un parametro astratto, ma anche, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare. A tal fine bisogna considerare, in particolare, le aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente.
Trib. Alessandria 19.7.2018 n. 626
fonte: ilfamiliarista.it