Le Sezioni Unite, con la sentenza n.18287/2018, hanno abbandonato sia l’indirizzo che parametrava i mezzi adeguati al precedente tenore di vita, sia quello recente che faceva leva sull’autosufficienza economica.
L’assegno, secondo la Corte, assolve a una funzione equilibratrice finalizzata soltanto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa attuale».
L’assegno divorzile ha natura composita, cioè deve essere attribuito e determinato alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali dei coniugi, in considerazione del contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali e future e all’età del beneficiario.
Dunque, il giudice deve valutare le condizioni economico-patrimoniali delle parti, ma deve anche accertare se l’eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante all’interno della famiglia, in relazione alla durata del matrimonio.
Occorre quindi anche tenere conto della concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall’assunzione di un impegno diverso. Diversamente, afferma il Collegio, il criterio dell’apporto fornito dall’ex coniuge risulterebbe marginalizzato, con conseguente ingiustificata sottovalutazione dell’autoresponsabilità.
Quindi, a una prima lettura, si dovrebbe escludere l’assegnoin tutti quei casi in cui, pur sussistendo astrattamente una (rilevante) sproporzione tra le posizioni economico-patrimoniali delle parti, l’ex coniuge richiedente abbia i mezzi per condurre una vita autonoma e non abbia contribuito in maniera significativa alla formazione del patrimonio familiare o dell’altro coniuge, poiché in tal caso la disparità non dipende dalle scelte di vita fatte dai coniugi durante il matrimonio.