il giudice, per valutare se la domanda di modifica può essere accolta e determinare quindi il contributo divorzile, deve escludere le domande che si fondano su condizioni già preesistenti alla pronuncia di divorzio. Inoltre, occorre rifarsi agli stessi principi dettati per il riconoscimento dell’assegno: in particolare, deve essere valutato l’effettivo contributo dato dal coniuge che richiede l’assegno al patrimonio familiare o a quello dell’altro coniuge durante la vita coniugale.
Il riconoscimento dell’assegno di divorzio in un momento successivo rispetto a quello dello scioglimento del matrimonio trova la sua giustificazione proprio nella funzione assistenziale, a cui può essere attribuita una rilevanza prevalente, a determinate condizioni, «in base al principio solidaristico di derivazione costituzionale che fonda il diritto all’assegno divorzio anche secondo il nuovo orientamento interpretativo, così valorizzando la funzione sociale che l’assegno divorzile assolve, nei casi in cui esso sia destinato a supplire alle carenze di strumenti diversi che garantiscano all’ex coniuge debole un’esistenza dignitosa, nell’ipotesi di effettiva e concreta non autosufficienza economica del richiedente».
Di conseguenza, nel giudizio di revisione «si impone il rigoroso accertamento (…) dei presupposti fondanti, con carattere di prevalenza, la finalità assistenziale, dovendo, tuttavia, (…) parametrarsi la disparità economica a un’effettiva e concreta non autosufficienza economica dell’ex coniuge richiedente, non più in grado di provvedere al proprio mantenimento, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto da valutare con indici significativi, in modo da poter, altresì, escludere che sia stato irreversibilmente reciso ogni collegamento con la pregressa storia coniugale e familiare».
Cass. civile ordinanza 1983 del 24 gennaio 2022