L’assegno di mantenimento per la prole viene disposto a favore del genitore collocatario o affidatario dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficenti. Stabilisce l’art. 337 ter c.c. che “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito”. Ove occorra per realizzare il principio di proporzionalità, il Giudice stabilisce quindi un assegno (in pratica, è solitamente stabilito) considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno mensile copre le esigenze ordinarie, oltre alle quali occorre far fronte anche alle spese straordinarie ossia quelle normalmente imprevedibili e di importo variabile, che si rendessero necessarie alle esigenze di vita dei figli.
Spetta al Giudice individuare quali voci di spesa rientrano nella categoria delle spese ordinarie e quali nelle straordinarie, anche tenuto conto della situazione concreta.
In generale, sono spese ordinarie quelle riconducibili all’ obbligo alimentare, all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario, sociale, all’assistenza morale e materiale, alla opportuna predisposizione – fin quando la loro età lo richieda – di una stabile organizzazione domestica adeguata a rispondere a tutte le necessità di cura e educazione” (così la giurisprudenza uniforme). Pertanto le spese ordinarie si considerano quelle attuali e prevedibili necessarie a soddisfare esigenze di vita quotidiana della persona normale: tra queste vi rientrano quelle per il sostentamento e le cure ordinarie come spese alimentari, scolastiche (libri di testo, tasse, abbigliamento, gite, ecc.), sanitarie, per l’igiene personale e il vestiario, nonché le spese a queste propedeutiche e conseguenziali.
Nel contributo per il mantenimento del figlio deve essere considerata anche la compartecipazione alle spese generali (utenze, condominio, collaborazione domestica, etc.) compreso l’alloggio e l’organizzazione domestica che il genitore collocatario deve sostenere con incidenza prevalente, che non possono escludersi per i periodi nei quali il minore non è presente, sia perché il diritto – dovere dell’altro genitore di tenere i figli presso di sé per taluni periodi potrebbe non essere esercitato in concreto sia perché sarebbe estremamente difficile, in relazione ai periodi nei quali è previsto che i figli vadano a stare con il genitore non collocatario, eliminare le spese generali predette. Quanto alle spese sanitarie, sono ordinarie ad esempio, le visite pediatriche, di controllo routinarie, l’acquisto di medicinali da banco o di uso frequente, nonché quanto necessario curare e assistere un figlio disabile in relazione alla particolarità della sua situazione che ne influenza routine sanitaria.
Le spese straordinarie sono quelle inerenti avvenimenti o scelte che trascendono le prevedibili e normali esigenze di vita quotidiana: per la giurisprudenza si tratta di esborsi necessari a far fronte ad eventi imprevedibili o addirittura eccezionali, ad esigenze non rientranti nelle normali consuetudini di vita dei figli minori fino a quel momento, o comunque spese non quantificabili e determinabili in anticipo o di non lieve entità rispetto alla situazione economica dei genitori Non v’è un’elencazione tassativa, e ogni tribunale segue un prassi diversa, ma in linea di massima vi sono ricomprese le spese per interventi chirurgici, fisioterapia o psicoterapia, per occhiali da vista o apparecchio odontoiatrico, lezioni private, corsi per la patente di guida, viaggi all’estero per frequentare corsi di lingua, corsi sportivi e altri acquisti di natura voluttuaria, ossia per sopperire a bisogni ludici e non strettamente necessari (il cellulare, il motorino, il computer, ecc.)Dette spese sono ripartite, di solito al 50%, ma non è la regola, poiché occorre considerare la capacità economica di ciascun genitore. Di solito, per evitare esborsi sconsiderati o scelte economicamente eccessive per il coniuge, si richiede che le decisioni di “maggior interesse”, che possano comportare spese straordinarie, vengano assunte dai coniugi di comune accordo al fine di evitare successivi conflitti per esborsi decisi unilateralmente. Tuttavia ciascun genitore può attivarsi autonomamente nei confronti dell’altro se è necessario assumere decisioni “di maggior interesse” nella vita del minore (ad esempio scelte legate all’istruzione o sanitarie). Se l’altro rifiuta di collaborare e di rimborsare la quota di spettanza, occorrerà rivolgersi al Giudice che dovrà verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore mediante la valutazione della commisurazione dell’entità della spesa rispetto all’utilità derivante ai figli e della sostenibilità della spesa stessa, rapportata alle condizioni economiche dei genitori. (Cass. n. 2127/2016). Pertanto, il genitore che richiede il rimborso delle spese sostenute per il minore è tenuto a dimostrare di aver provveduto alla preventiva consultazione dell’altro al fine di ottenerne il consenso (meglio con anticipo e per iscritto).Parte della giurisprudenza ha ritenuto, tuttavia, non esistente a carico del coniuge affidatario dei figli, per quanto riguarda l’educazione e l’istruzione, un obbligo di concertazione preventiva con l’altro coniuge in ordine alla determinazione delle spese straordinarie, nei limiti in cui esse non implichino decisioni di maggior interesse per i figli.