La moglie che ha rinunciato alla carriera per accudire la casa e i figli, sacrificando le proprie ambizioni professionali ed economiche, ha diritto ad un assegno di mantenimento che le consenta il tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Lo affermala Corte di cassazione con la sentenza 21604 del 20 settembre 2013, ritenendo che nel determinare l’assegno divorzile occorra tener conto del contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione della vita matrimoniale e alla formazione del patrimonio comune e individuale dei medesimi.
Nel caso in esame, la completa dedizione della moglie alla famiglia aveva impedito la sua crescita professionale e quindi economica, per tutta la durata del matrimonio, ben trentanni. Inoltre, il divario tra i redditi delle parti rende ingiusto un assegno di soli 500 euro, perchè non consente alla ex il godimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
Infatti, «la liquidazione in concreto dell’assegno di divorzio, che ha la funzione di tendenziale ripristino delle precedenti condizioni economiche dei coniugi, per ristabilire un certo equilibrio, deve essere effettuata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri enunciati dalla legge (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), con riguardo al momento della pronuncia di divorzio; e anche se è vero che il giudice di merito non è tenuto ad utilizzare tutti i suddetti criteri, anche in relazione alle deduzioni e richieste delle parti, è tuttavia necessario che dia adeguata giustificazione della prevalente o esclusiva rilevanza attribuita a uno di essi».