L’audizione del minore è manifestamente superflua se il processo ha ad oggetto solo questioni economiche. Questa scelta è adottata dal Legislatore con le modifiche introdotte dal d.lgs. 154/2013. La delega, infatti, tra le norme modificate, ritocca l’art. 371 c.c. che riguarda il minore sotto tutela. Nella norma in esame, è previsto che il giudice assume, d’intesa con il tutore, i provvedimenti circa l’educazione del minore e l’amministrazione del suo patrimonio. Ebbene, pur potendo introdurre, in generale, l’obbligo di audizione del fanciullo, in questo caso, il legislatore sceglie di inserire espressamente l’adempimento dell’ascolto solo nel n. 1) dell’art. 371 c.c., relativo alle questioni «di vita» del bambino (dove vuole vivere, che studi vuole fare, che mestiere/arte imparare) escludendolo, invece, nei numeri 2 e 3 che riguardano il mantenimento, l’amministrazione del patrimonio e le eventuali imprese/società. Ciò rivela l’intentio legis del Legislatore nel senso di ritenere contraria all’interesse del minore (336-bis c.c.) l’audizione del minore in processi che abbiano ad oggetto solo questioni economiche e patrimoniali. L’audizione, insomma, è necessaria per le questioni relative alla cura personae e non per quelle relative alla cura patrimonii.
Con la sentenza 20 marzo 2014 il Tribunale di Milano, nella persona dell’ottimo Dott. Buffone, sancisce quindi che all’audizione del minore debba procedersi solo quando si discuta della vita e della cura del bambino, e non degli aspetti economici.