Nei rapporti tra gli ex coniugi è necessario abbandonare quella logica solidaristica che faceva protrarre all’infinito l’obbligo di mantenimento del coniuge economicamente più debole , andando oltre le sue effettive necessità di vita. Va valorizzata invecela libertà del soggetto obbligato a versare l’assegno di utilizzare le proprie risorse economiche per le attuali esigenze personali e familiari. Col divorzio, infatti, gli unici legami destinati a restare in vita tra le parti sono quelli che riguardano i figli e, anche questi, se riguardanti solo questioni patrimoniali, dovrebbero cessare nel tempo.
Nel caso di esame il giudice ha ridotto l’assegno di mantenimento in favore della moglie tenendo conto di varie circostanze:, la donna aveva mantenuto il godimento della casa familiare in comproprietà, un bell’ immobile che con la separazione era stato diviso con il coniuge; era comproprietaria dell’altra metà dell’ex casa familiare assegnata al marito, per effetto della suddetta divisione, oltre che di altri immobili, di cui uno dato in locazione; aveva dimostrato attitudine al lavoro partecipando a società (se pur familiari) operanti nel campo delle compravendite immobiliari.
Il Tribunale di Bari (Trib. Bari, ord. dell’1.06.17 (Dott. S. U. De Simone) dà rilevanza non solo alla titolarità della donna di beni immobili e ai proventi da essa derivanti, ma anche alle prove della sua capacità lavorativa, come pure alla conservazione del godimento della casa, divisa con l’ex marito. Mentre non ritiene di dare rilievo alla differenza di reddito con l’ex marito e ciò non solo in quanto quest’ultimo disponeva di beni di valore commerciale ben inferiore a quelli di proprietà della moglie, ma anche perché le dichiarazioni dei redditi fornite dall’uomo attestavano una sensibile riduzione delle sue entrate.