La mancata cooperazione di un genitore – osserva la Corte Edu – non esonera le autorità competenti dall’adottare ogni misura necessaria suscettibile di assicurare il rapporto padre-figlio. Gli Stati, infatti, tenuti a rispettare gli obblighi positivi che derivano dall’articolo 8, devono predisporre un arsenale giuridico adeguato e sufficiente ad assicurare i diritti degli interessati. Non basta, quindi, limitarsi a verificare che il minore abbia un contatto con il genitore, ma è necessario prevedere misure preparatorie che permettano di ottenere il risultato perseguito nell’interesse superiore del minore. Le misure, poi, nell’ambito dei rapporti familiari, devono essere immediate per evitare che il decorso del tempo possa avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra genitore e figlio usando, però, la più grande prudenza prima di ricorrere a misure coercitive.
La mancata adozione di misure preparatorie per permettere a un padre di realizzare in modo effettivo il diritto di visita al proprio figlio, in linea con una decisione del tribunale, costa all’Italia una nuova condanna, seppure parziale, per violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che tutela il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Con questa motivazione, la CEDU condanna ancora l’Italia per non aver agevolato gli incontri padre/figlio dopo la separazione, nel caso Giorgioni VS Italia depositata il 15 settembre (ricorso n. 43299/12)