Solleva numerosi dubbi la sentenza della Corte d’Appello di Palermo, così come li sollevava, a parere di chi scrive, la sentenza della Consulta invocata come precedente: la carenza di tutela per le coppie dello stesso sesso a discapito del minore nato dall’unione appare incongrua e ingiustificata
La Corte d’appello di Palermo si è pronunciata in merito al reclamo presentato dalla madre biologica di due minori avverso il decreto con cui il Tribunale aveva definito il regime di frequentazione tra i bambini e la sua ex compagna. In precedenza, la stessa Corte aveva sollevato, in relazione alla medesima fattispecie, questione di legittimità costituzionale dell’art. 337-ter c.c.
La Corte d’appello rileva che, a seguito della sent. n. 225/2016 con la quale la Corte costituzionale ha escluso che l’ex partner del genitore biologico possa considerarsi “genitore” o “parente” ai fini della legittimazione ad agire ex art. 337-ter c.c. (che stabilisce una tendenziale parità di rapporti tra i genitori nelle loro relazioni con i figli) , la vicenda deve essere inquadrata nell’ambito di applicazione dell’art. 333 c.c. «ovvero in una fase essenzialmente patologica, che vede l’intervento del Giudice unicamente in funzione dell’interesse del minore».
Pertanto, in virtù degli accertamenti compiuti in corso di CTU secondo la quale l’interruzione dei rapporti tra i minori e l’ex compagna della reclamante costituisce “senza dubbio” condotta del genitore pregiudizievole ai figli ai sensi dell’art. 333 c.c., la Corte d’appello rimodula il regime di visite precedentemente stabilito, riformando parzialmente il decreto impugnato.