Con sentenza 13407 del 2014, la Cassazione afferma che al coniuge separato superstite non spetta (a titolo di eredità “legittima”) il diritto di abitazione in quella che era stata, durante il matrimonio, la casa familiare.
Ai sensi dell’art. 540 c.c., al coniuge del defunto è riservato anche il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
Il diritto reale di abitazione riguarda la casa coniugale, ossia l’immobile che era stato adibito a residenza familiare.
Il contenuto del diritto viene poi completato dal diritto di uso sui mobili che corredano la casa coniugale, dove il corredare sta univocamente a significare che si riferisce alla destinazione in atto dei mobili di arredamento (Cass. 27-2-1998 n. 2159).
Scopo della norma è tutelare non l’interesse economico del coniuge superstite di disporre di una abitazione, bensì l’interesse morale legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare (quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio, con conseguente inapplicabilità, tra l’altro, dell’art. 1022 c.c., che regola l’ampiezza del diritto di abitazione in rapporto al bisogno dell’abitatore (Corte Cost. n. 310/1989).
Analogo diritto non spetta tuttavia al coniuge separato senza addebito, poichè postula l’effettiva esistenza, al momento dell’apertura della successione, di una casa adibita ad abitazione familiare; evenienza che non ricorre allorché, a seguito della separazione personale, sia cessato lo stato di convivenza tra i coniug.i