Le forti criticità emerse a riguardo della capacità educativa e della disponibilità psico-affettiva della figura paterna nel provvedere ad un sano e armonico sviluppo del bambino, il disturbo della personalità individuato dalla consulente d’ufficio e consistente nell’incapacità di essere presente a sé stesso e di mantenere un adeguato rapporto con l’altro e la rilevata impossibilità per il padre di accogliere il figlio con sensibilità e capacità empatica adeguata risultano determinanti nel rendere necessario l’affidamento esclusivo del bambino alla madre, nell’esclusivo interesse dello stesso.
L’aver creato notevoli difficoltà alla madre nell’ottenere le necessarie autorizzazioni per le vaccinazioni, l’attività scolastica e i documenti di identità del figlio, l’aver contribuito soltanto saltuariamente al mantenimento del figlio, adducendo difficoltà economiche lasciano emergere un evidente quadro di incapacità del padre a prendersi cura dei bisogni morali e materiali del figlio minore e a condividere con la madre la responsabilità genitoriale. Va perciò stabilito che la madre abbia il potere di assumere in autonomia anche le decisioni relative alla salute, all’istruzione e alla residenza del minore. Tale soluzione è da ritenersi giuridicamente ammissibile in virtù dell’inciso “salvo che non sia diversamente stabilito” contenuto nel terzo comma dell’art. 337 quater c.c. e riferito alle decisioni di maggior interesse per i figli.
Trib. Cuneo 22 settembre 2020